Al Politecnico di Milano nasce Poli Hub

Il governo nel decreto sviluppo ha riservato incentivi e agevolazioni alle start-up, confidando in loro per far ripartire l’economia. “Il prossimo decennio è sarà quello delle start-up” ha detto Andrea Rangone del Politecnico di Milano. In effetti, secondo uno loro studio, investendo 300 milioni di euro nella fase embrionale delle start-up nel giro di 10 anni il nostro Pil potrebbe crescere di 3 miliardi di euro, circa 0,2%.

Il problema però, è sempre il solito: in Italia non si investe. Anche in questo, siamo il fanalino di coda d’Europa. In Svezia e Norvegia investono il doppio, in Francia cinque volte tanto, in Germania lo stesso, e non è solo una questione di ricchezza del Paese, nei paesi nordici il Pil è più basso di quello Italiano.

La Fondazione del Politecnico di Milano ha recentemente dato vita a una promettente iniziativa, mettendo a disposizione degli aspiranti imprenditori alcuni spazi del campus Bovisa dove ogni giorno saranno organizzati dei workshop e degli incontri, per gli startupper, su tematiche come: business model design, marketing online, gestione delle risorse umane, product development, economia e finanza, con manager e imprenditori di aziende hi-tech e venture capital.

Si chiama Poli Hub e si propone di favorire la contaminazione del know-how tra le aziende innovative, lo chiamano: “aggregatore e acceleratore di start-up”. L’accesso è aperto a tutti, ma le baby aziende che hanno già ricevuto finanziamenti non dovranno sottoporsi al processo di selezione dei docenti del Politecnico.

Una decina di posti sono già stati assegnati ma l’obiettivo è arrivare a 200 startup per sviluppare un “distretto tecnologico”. Fatevi avanti!

(ancora) un altro blog cambia nome!

Grazie all’incoraggiamento di Federico Cella, mi sono convinta, e ho ribattezzato il blog StartApp. Nel corso di questi mesi, cercando di approfondire tematiche legate ai giovani, mi hanno stupito soprattutto la quantità di ragazzi, che, da zero, alcuni mollando tutto da un giorno all’altro, si sono buttati in un’iniziativa imprenditoriale tutta loro. Ci vuole necessariamente un’idea geniale, una visione imprenditoriale e tanta determinazione, ma se si hanno, anche con pochi soldi, si può andare molto lontani.

Attraverso il blog ho cercato di trasmettere messaggi positivi e incoraggianti, credo che le storie di questi ragazzi diventati imprenditori lo siano. Per questo da ora in poi mi concentrerò sulle start-up, di ogni genere e specie.

L’idea è quella di diventare una “application” per startupper e aspiranti tali. Racconterò iniziative imprenditoriali, e le storie delle persone che ci sono dietro. Ma cercherò anche di riportare le notizie di attualità connesse alla tematica start-up: convegni, concorsi e provvedimenti del governo (ora, che, grazie al decreto sviluppo le start-up hanno una loro rilevanza normativa).

Buona lettura.

La tecnologia è modernizzazione o rincoglionimento?

Stiamo imparando ad essere giovani giornalisti 2.0. Grazie a smartphone, computer, e social network, siamo sempre sul pezzo, twittiamo tagghiamo, postiamo, accorciamo le distanze. Eppure, tra noi, non siamo mai stati così distanti.  Per sapere cosa ha fatto il tuo pseudo lui o la tua pseudo lei sabato sera, controlli i check-in su facebook, eventuali tweet, magari instagram. Per litigare con l’amica del cuore usi gli i message, che sono pure gratis. Per far capire a qualcuno che sei triste o incazzato mandi un emoticon. Per dire qualcosa di importante scrivi sull’indirizzo mail dell’ufficio, dal blackberry non si scampa. Siamo sicuri di andare nella giusta direzione? Non c’è molto da stupirsi se siamo una generazione di fifoni senza nessuna voglia di prenderci delle responsabilità, e più cultura, soldi, e standing sociale si hanno, peggio si sta.

A Milano giovedì si è tenuto un convegno, “Giornalismo? Ping pong tra carte e rete”. Le notizie, rimbalzano da un media all’altro,  e probabilmente i giornalisti perdono la loro centralità. Sono ancora loro il centro della notizia o sono diventati gli inseguitori? Gli internauti italiani crescono, + 25% rispetto al 2009, e pongono nuove sfide al giornalismo tradizionale. Il 40% preferisce agenzie di stampa online, il 38% newsgroups e community aperti a tutti, il 27% i blog degli amici (bravi!). Un’opportunità ma al tempo stesso un rischio, che spinge il mondo del giornalismo alla specializzazione e al cambiamento.

Ma fuori dal mondo dell’informazione? Noi giovani ci stiamo modernizzando o rincoglionendo? Valori, sentimenti e sensazioni stanno diventando virtuali, intangibili, finti? Un mio amico l’altro giorno è stato licenziato via sms, quando è andato in ufficio il giorno dopo a fare gli scatoloni, il capo, 35enne, non gli ha detto mezza parola. Una ragazza, malinterpretando un sms in cui il fidanzato citava Shakespeare, anziché chiamare lui ha chiamato la polizia pensando si volesse suicidare. Una trentenne appena sposata, usando il localizzatore per i phone, sul Mac del marito, l’ha trovato con l’amante. Non dico che sarebbe bello tornare ai tempi dei miei nonni, in cui mentre mio nonno era al fronte si scrivevano lettere d’amore. Non dico neanche che sarebbe bello pensare quello che pensavano le giovani donne a quei tempi, quando non avevano notizie dell’amato per settimane o mesi, e cioè che fosse morto, ma sarebbe bello imparare a parlarsi.

Forse sono un po’ all’antica, ma fa un certo effetto sentirne di ogni, tutte legate ai mezzi della tecnologia, e il modo in cui rovinano i rapporti umani. Poi cammini per strada, vedi un ragazzino di dodici anni per mano alla babysitter parlare al suo i phone e dire all’amichetto: “il link dello spartito whazzappamelo e se non ce la fai postamelo sul wall di facebook” e ti senti di dover dire la tua. Per un giornalista la tecnologia è fondamentale. La prima cosa che ti dicono al master è che devi essere attivo su twitter, condividere su facebook, e aprire un blog se già non ce l’hai. D’accordo, è la natura del mestiere, e i mezzi della tecnologia sono gli strumenti, ma la vita è un’altra cosa.